Il campo di applicazione dell’art. 90 L.F.

L’articolo analizzerà il rigetto a una richiesta di accesso agli atti della procedura fallimentare, ambito art. 90 LF, analizzando il provvedimento del Giudice Delegato di Terni.

Nel caso un creditore aveva presentato l’istanza di accesso agli atti di una procedura fallimentare per ottenere l’autorizzazione ad estrarre la copia di parte della documentazione contabile (in particolare il libro giornale e la copia di alcune fatture) della società fallita al fine di conseguire la prova del proprio credito nella fase di accertamento del passivo fallimentare.

Il caso

Nel corso del sub-procedimento di accertamento del passivo, il curatore fallimentare, nel proprio progetto di stato passivo, ha proposto il rigetto di una domanda di ammissione al passivo depositata da un creditore con le seguenti motivazioni:

·         il creditore non ha provato il proprio credito in quanto ha allegato solo fatture che sono documenti di formazione unilaterale e, pertanto, non idonei a provare il credito stesso;

·         che la documentazione allegata (raccomandata AR – autentica notarile dei libri iva- copia decreto ingiuntivo) alla domanda è munita di data certa opponibile alla procedura fallimentare;

·         che il decreto ingiuntivo non è opponibile alla procedura fallimentare in quanto non è munito del decreto di cui all’art. 647 c.p.c.

Il creditore istante, prima della celebrazione dell’udienza di verifica dello stato passivo, ha rivolto istanza al Giudice Delegato al fallimento, ai sensi dell’art. 90 c. 3 l.f., chiedendo l’autorizzazione ad estrarre copia dei libri contabili della società fallita al fine di integrare la domanda di ammissione al passivo per dare prova del credito mediante l’allegazione dei libri contabili stessi.

Il Giudice Delegato, senza chiedere il parere al curatore fallimentare, ha rigettato l’istanza di accesso agli atti depositata ai sensi dell’art. 90 comma 3 l.f.

I riferimenti normativi

In questa sede saranno oggetto di studio alcune questioni preliminari che riguardano il credito e la prova dello stesso e, pertanto, non saranno trattate le questioni che investono la non opponibilità delle scritture contabili al curatore in quanto terzo al rapporto commerciale che è intercorso tra gli imprenditori (art. 2709 c.c. – art. 2710 c.c.), non saranno trattate le questioni  relative alla non opponibilità al fallimento della documentazione non recante una data certa (art. 2704 cc) apposta anteriormente alla data della sentenza di fallimento e non saranno trattate le questioni relative alla non opponibilità del decreto ingiuntivo non munito del decreto di esecutorietà rilasciato dal Giudice ai sensi dell’art. 647 c.p.c. (art. 45 l.f.). Nel presente commento, invece, ci si soffermerà sui seguenti aspetti propri della richiesta di accesso agli atti della procedura fallimentare:

–          oggetto e fine dell’istanza di accesso agli atti;

–          rapporto tra l’art. 90 c. 3 l.f. ed l’art. 210 c.p.c.;

–          obbligatorietà/necessità della richiesta del parere del curatore;

L’oggetto e il fine dell’istanza di accesso agli atti

Il comma 3 dell’art. 90 l.f. dispone che “Gli altri creditori ed i terzi hanno diritto di prendere visione e di estrarre copia degli atti e dei documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il curatore.”

Dal tenore letterale del comma 3 si desume che i creditori, non facenti parte del comitato, hanno diritto di prendere visione e di estrarre copia dei singoli atti del fascicolo fallimentare e che, pertanto, non è ammissibile la visione dell’intero fascicolo fallimentare nella sua totalità.

Tale diritto è limitato agli atti e ai documenti alla cui conoscenza i creditori ed i terzi provino di avere un interesse diretto, concreto ed attuale escludendo, quindi, che la richiesta di accesso possa essere ricondotta ad una generica volontà di controllo dell’operato degli organi della procedura fallimentare.

Per esercitare la facoltà di accesso al fascicolo, i creditori e i terzi devono formulare apposita stanza nella quale vanno indicati analiticamente gli atti e i documenti che intendono esaminare, con indicazione delle circostante idonee a provare il loro interesse giuridicamente rilevante.

Alle previsioni di cui al comma 3 dell’art. 90 l.f. non si deve fare riferimento nel caso in cui l’accesso al fascicolo sia effettuato per estrarre copia delle scritture contabili in quanto in questo caso il creditore o il terzo dovranno, eventualmente, procedere nelle forme del procedimento ordinario ovvero mediante l’assunzione dei mezzi istruttori secondo le disposizioni di cui all’art. 210 c.p.c.

Il rapporto tra l’art. 90 c. 3 l.f. e l’art. 210 c.p.c.

Il Giudice Delegato, nel decreto oggetto di commento, ha rilevato che “ritenuto che, pertanto, l’acquisizione al procedimento di verifica di documentazione in possesso del curatore che lo stesso non intenda spontaneamente produrre dinanzi al giudice delegato deve necessariamente passare attraverso l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., laddove ne sussistano i presupposti, non potendo “aggirarsi” l’onere di avvalersi di tale mezzo istruttorio mediante l’istanza di accesso agli atti prevista dall’art. 90, co. 3, l.f., che è funzionale alla tutela degli interessi (del terzo o) del creditore che esulino dalla finalità di ottenere l’ammissione al passivo”.

Dalla lettura del decreto del Giudice si rileva il fine ultimo dei due mezzi giuridici, solo apparentemente simili. Con l’istanza di cui al comma 3 dell’art. 90 l.f., il creditore tutela i propri interessi che devono essere estranei ad ottenere l’ammissione al passivo, mentre con la richiesta dell’ordine di esibizione prevista dall’art. 210 c.p.c., necessariamente avanzata all’interno del sub-procedimento di accertamento al passivo, il creditore può chiedere al Giudice, anche nel corso dell’udienza di verifica dello stato passivo, l’esibizione della documentazione necessaria per provare la propria domanda in quanto, nella fattispecie, il creditore è assimilato all’attore di un processo ordinario di cognizione.

L’istituto regolamentato dall’art. 210 c.p.c. da la possibilità di garantire alla parte processuale su cui incombe l’onere della prova il pieno esercizio del proprio diritto mediante un meccanismo processuale che permette l’acquisizione al processo della documentazione in possesso della controparte, che non spontaneamente prodotto, che potrebbe essere utile per la definizione della controversia.

Il presupposto per l’emissione dell’ordine da parte del Giudice è l’iniziativa della parte processuale che necessita dei documenti di cui controparte è in possesso e che non li ha prodotti spontaneamente o, comunque, non intende produrli. Il Giudice, nell’ordine, detterà i provvedimenti opportuni circa il tempo, luogo e modalità dell’esibizione dei documenti.

Nell’istanza, che può essere avanzata anche durante la celebrazione dell’udienza, devono essere indicati i documenti che devono essere esibiti così come previsto dall’art. 94 disp. att. c.p.c. che dispone, appunto che  “l’istanza deve contenere la specifica indicazione del documento per il quale è richiesta l’esibizione”.

L’obbligatorietà/necessità della richiesta di parere del curatore.

Dalla lettura del comma 3 dell’art. 90 l.f., il Giudice Delegato provvede sull’istanza dopo aver sentito il curatore sia in ordine alla sussistenza del legittimo interesse dell’istante e sia riguardo all’eventuale pregiudizio che la curatela potrebbe subire dall’esibizione dell’atto richiesto.

Nel decreto in esame, il Giudice Delegato ha rigettato l’istanza formulata dal creditore senza aver “sentito il curatore” così come disposto dal comma 3 dell’art. 90 l.f.

In entrambi i casi appena riportati, si presuppone che il Giudice abbia già vagliato il profilo di legittimità dell’istanza ed abbia già sostanzialmente deciso per l’emissione di un decreto autorizzativo alla visione del fascicolo ed all’estrazione delle copie. Appare avere un fondamento logico il fatto che il Giudice debba sentire il curatore, che esprimerà un parere non vincolante per Giudice stesso, prima di emettere il decreto autorizzativo finale al fine di vagliare delle eventuali preclusioni fattuali in merito agli atti che il creditore ed il terzo hanno chiesto di visionare o di estrarne copia.

Nel caso in cui, invece, il Giudice abbia rilevato dei profili tali da indurlo a non rilasciare l’autorizzazione, appare non solo legittimo, ma anche in linea con il principio di speditezza che governa la procedura fallimentare, che lo stesso emetta un decreto di rigetto dell’istanza senza la preventiva acquisizione del parere del curatore che, a questo punto, risulta essere irrilevante.

Le conclusioni

In conclusione si ritiene che il decreto – di rigetto – emesso dal Giudice ternano sia coerente con la normativa vigente anche riguardo al “delicato passaggio” in cui il Giudice conclude che l’applicazione delle previsioni di cui all’art. 90 l.f. non siano compatibili con la richiesta volta ad ottenere la copia dei documenti necessari per provare il credito nella fase del procedimento di accertamento al passivo anche a seguito del disposto normativo che prevede che il Giudice provvede sull’istanza “sentito il curatore”. Infatti nel sub-procedimento di accertamento al passivo il curatore, di fronte al Giudice, è una parte processuale alla stessa stregua del creditore, ed in quanto tale non può essere “sentito” al fine del rilascio di copia della documentazione necessaria alla controparte ai fini probatori essendo “portatore di un interesse contrapposto rispetto a quello del creditore istante per l’ammissione al passivo”.

Si ritiene, inoltre, che anche alla luce della legittimità della richiesta di cui all’art. 210 c.p.c. durante il sub-procedimento di accertamento al passivo, l’ordine di esibizione deve essere emesso dal Giudice anche avuto riguardo al principio della speditezza che governa il sub-procedimento di accertamento del passivo, così come previsto dall’art. 96 l.f. il quale, al comma 3, dispone che “Se le operazioni (di verifica delle domande di ammissione al passivo) non possono esaurirsi in una sola udienza il Giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni”.

A parere dello scrivente si ritiene che anche se le previsioni di cui all’art. 210 c.p.c. sono compatibili con il procedimento di accertamento al passivo, il curatore, durante il contraddittorio che si instaura dinanzi al Giudice, dovrebbe immediatamente evidenziare l’eventuale indisponibilità delle scritture contabili o dei documenti contabili richiesti nonché la loro inattendibilità anche alla luce delle dichiarazioni rese in seno alla relazione redatta ai sensi dell’art. 33 l.f. ed in relazione al fatto che i documenti devono essere utili – all’istante –  per la definizione della controversia.

Bibliografia:

Decreto del Tribunale di Terni del 17.09.2018 – Giudice Delegato dott. A. Nastri

Articoli di riferimento: art. 95 c. 3 l.f. – art. 90 l.f. – art. 210 c.p.c.

Giurisprudenza di legittimità: Cass. n. 22711/2010 – Cass. n. 26115/2017

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