Impugnabilità e revocabilità dei piani di riparto parziali. Note zen a Cass. SS.UU. n. 24068/2019
Come noto, l’illuminata ordinanza interlocutoria di Cass. n. 9250/18 aveva rimesso alla decisione delle Sezioni Unite le seguenti questioni di massima importanza:
1) Se sia ammissibile il ricorso per cassazione, ex art. 111, comma settimo, Cost., nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, abbia ordinato l’esecuzione del piano di riparto parziale, avuto riguardo alla sua idoneità a stabilire, in maniera irreversibile o meno, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell’attivo fino a quel momento disponibile e, dall’altro, il diritto degli altri interessati ad ottenere gli accantonamenti nei casi previsti dall’art. 113 I.f.
2) Se in ogni caso il provvedimento che dispone l’esecutività del piano di riparto sia vincolante allo stato degli atti o se, al contrario, esso risulti direttamente condizionato dall’evoluzione dei costi o delle spese in prededuzione e, dunque, potenzialmente revocabile {anche a diretta cura del Commissario Straordinario o Curatore , aggiungerà poi una delle parti durante il processo } sino a quando non risulti eseguito .
Gli Ermellini Uniti, rispondono si’ al primo quesito, mentre rispetto al secondo affermano che la questione “è pregiudicata dalla soluzione del problema che queste SU hanno sollevato d’ufficio con la propria ordinanza interlocutoria n. 31266 del 2018. 6.- Nel caso in esame, come si è detto, queste SU hanno ravvisato, d’ufficio, la necessità di verificare la questione relativa ai soggetti attivamente legittimati all’impugnativa del piano di riparto [per il quale – sulla base del rinvio operato dall’art. 110, terzo co., I. fall., all’art. 36 della stessa legge, si prevede (al secondo comma) che siano sentiti soltanto «il curatore e il reclamante»].”
Per quindi concludere con il (secondo) seguente principio di diritto: “in tema di riparto fallimentare, ai sensi dell’art. 110 l.fall. (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo ex art. 36 l.fall. avverso il progetto – predisposto dal curatore – di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello ex art. 26 l.fall. contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale.”
Decisione che, anche alla luce dei principi costituzionali, appare, di fondo, condivisibile.
Solo alcune riflessioni:
1) Allora tra “gli eventuali controinteressati” di cui all’art.99 L.F. vi sono sempre tutti gli altri creditori, oltre il curatore, tenuto anche conto della (intuitiva) maggiore rilevanza della fase di accertamento del passivo rispetto a quella di distribuzione dell’attivo?
2) Ma siamo proprio sicuri che tutti – quanto solo – gli altri creditori ammessi al riparto debbono essere partecipati del reclamo ex artt.110/36 L.F. ed eventuale fase di impugnazione?
Difatti, un creditore di grado poziore, allorché la contestazione riguardi un credito (appunto) di grado inferiore, non è certo interessato all’esito del giudizio.
Di contro, qualora la contestazione di creditore un grado poziore potrebbe consentire il pagamento di creditori ancora non ammessi al riparto parziale proprio per l’esistenza di tale primo creditore, i secondi hanno senz’altro interesse a partecipare al procedimento.
3) Infine: perché la Corte richiama per l’impugnativa avverso la decisione del GD sul reclamo ex artt. 110, co. 3- 36, co.1 L.F., il procedimento ex art.26 L.F. quando l’art.36, co.2 L.F. regola un ben diverso sistema impugnatorio?
Nel merito del secondo quesito, va detto che la Corte comunque non lascia a ‘bocca asciutta’ , lasciando chiaramente intendere al giudice del rinvio il proprio pensiero: “ a tale proposito, va ricordato che la Cassazione da tempo risalente (se non immemorabile) ha affermato che il principio di diritto secondo cui il piano di riparto parziale, reso esecutivo dal giudice delegato – e a prescindere dalla sua concreta esecuzione -, non ha carattere provvisorio, sì da potere essere modificato in seguito ad ulteriori risultanze ma, al contrario, una volta decorsi i termini di impugnazione, diventa definitivo e quanto con esso sia stato disposto non può essere più oggetto di contestazione [Cass., Sez. 2, n. 2035 del 1973; Cass., Sez. 2, n. 776 del 1973, a tenore della quale il provvedimento di riparto parziale, di cui all’art 110 legge fallimentare, reso esecutivo non ha carattere provvisorio si da potere essere modificato in seguito ad ulteriori risultanze, ma, una volta decorsi i termini di impugnazione, diventa definitivo e quanto con esso e disposto non può essere più oggetto di contestazione; Cass., Sez. 2, n. 594 del 1973; Cass., Sez. 2, n. 2374 del 1972, secondo la quale: i decreti del giudice delegato, i quali stabiliscono piani di riparto parziale e li rendono esecutivi, anche se non costituiscono una vera e propria cosa giudicata precludono ogni successivo riesame o questione in ordine all’esistenza, entità ed efficacia dei crediti ammessi ed all’esistenza delle cause di prelazione; Cass., Sez. 2, n. 601 del 1972, secondo cui: un nuovo ordine di privilegi non può ricevere applicazione allorquando nella procedura fallimentare, in base a un provvedimento definitivo ed esecutivo di riparto parziale anteriore alla legge citata, formato in base all’ordine di privilegi all’epoca vigenti, siano state assegnate e pagate ai creditori le somme realizzate, poiché detto provvedimento – come risulta dall’art 114 (possibilità di recupero delle somme pagate ai creditori solo in caso di revocazione) e 122 della legge fallimentare (divieto di concorso dei creditori per le somme già percepite nelle precedenti ripartizioni) – dà luogo ad una preclusione e ad un giudicato interno alla procedura fallimentare].”
Tanto che “i privilegi potranno essere esercitati anche dopo l’approvazione dello stato passivo (e, perciò, anche dopo la formazione del cd. giudicato endofallimentare), ma non quando il riparto – anche parziale – sia invece divenuto definitivo (Cass., Sez. 1, n. 13090 del 2015).”
Antonio Pezzano
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