Un giorno di agosto a Roma – L’Ordinanza della Cass. civ. Sez. VI – n. 19740/2017
L’Ordinanza della Cass. civ. Sez. VI – n. 19740/2017 – La fine della possibilità di nomina del professionista funzioni di O.C.C. da parte del Tribunale? Un clamoroso abbaglio?
L’ordinanza n. 19740 (preleva allegato) della Corte di cassazione sesta sezione civile depositata il giorno 8 agosto 2017 sta facendo molto discutere.
L’ordinanza contiene alcune considerazioni sulla possibilità di nomina ex art. 15 del professionista facente funzioni O.C.C.. Secondo la corte “Nel quadro della disciplina dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio di cui alla L. 27 gennaio 2012, n. 3, l’organismo di composizione della crisi disciplinato dall’art. 15 assume un ruolo centrale, che si connota non solo per i profili di indipendenza e professionalità necessari agli adempimenti contemplati, ma anche per l’evidente carattere di specializzazione giudicata necessaria dal legislatore, desumibile dal rilievo che la norma ha previsto l’istituzione di organismi stabili destinati ad essere iscritti in un apposito registro. Tale previsione rimarrebbe gravemente menomata se si ammettesse l’affidamento sine die dei compiti e delle funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi, ed in alternativa ad essi, anche ad un soggetto idoneo a svolgere le funzioni di curatore fallimentare ovvero ad un notaio, cui si riferisce il comma 9 del citato art. 15“.
“Va da sé, (continua la corte), che tale disposizione ha da essere riferita ai casi in cui sia mancata la costituzione degli organismi di composizione della crisi con iscrizione di essi nell’apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia, il che è reso manifesto non soltanto dall’inciso “Fino all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3”, contenuto dello stesso citato comma 9, ma più in generale, dall’art. 7 della stessa legge, il quale esordisce stabilendo che il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori l’accordo di ristrutturazione ivi previsto “con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’art. 15”, che abbiano “sede nel circondario del tribunale competente”, ossia degli organismi stabilmente costituiti secondo il richiamato art. 15, il che colloca gli altri soggetti individuati dal comma 9 in posizione di risulta, nel senso appena indicato.”
La conclusione cui addiviene la Suprema Corte si sostanzia quindi in un’interpretazione del comma 9 dell’art. 15 legge 3/2012 in chiave transitoria, con la conseguenza che, una volta costituiti gli Organismi di Composizione della crisi con sede nel circondario del Tribunale competente, non risulterebbe più possibile avvalersi di un professionista (o di una società tra professionisti) in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 L.F.
Un clamoroso abbaglio
La conclusione è del tutto errata e non in linea con lo spirito della norma e della ratio che sottende all’art. 15.
In primo luogo è da osservare che il tenore letterale della disposizione in parola limita la transitorietà alle sole modalità di quantificazione del compenso dei predetti soggetti. La transitorietà non è assolutamente riferita al periodo precedente.
In secondo luogo, per comprendere che la possibilità di nomina del professionista f.f. è non è transitoria ma a regime, e che questa possibilità é una precisa scelta del legislatore, è necessario esaminare la consecuzione della norma.
In origine, l’articolo 20 della legge 27 gennaio 2012, n. 3 conteneva effettivamente una disposizione transitoria in base alla quale, in attesa che venissero costituiti gli organismi di composizione della crisi, i compiti e le funzioni a essi attribuiti poteva essere svolti da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 28 della legge fallimentare nominato dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato.
La disposizione transitoria poteva essere applicata fintanto che il Ministro della giustizia non avesse stabilito, con proprio decreto, la data a decorrere dalla quale le funzioni degli organismi di composizione possono essere svolte esclusivamente dagli enti pubblici indicati all’art. 15.
Il D. L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, ha però disposto, con l’art. 18, commi 1, lettera t) e 2), la modifica dell’art. 20.
La lettera t) ha abolito il precedente articolo 20 (“gli articoli da 15 a 20 sono sostituiti dalla seguente sezione: «SEZIONE TERZA Disposizioni comuni Art. 15 (Organismi di composizione della crisi)” introducendo l’art. 15 attualmente in vigore.
Quindi, con le modifiche apportate dal D.L., è stata abolita la disciplina transitoria e stabilito a regime il “doppio binario.
L’abolizione del regime transitorio è stata una precisa volontà del legislatore che è intervenuto per garantire l’esistenza a regime della doppia possibilità.
Non condivisibile, ed assolutamente gratuita (e quasi offensiva) anche l’affermazione della corte che costituirebbe una “grave menomazione” l’affidamento sine die dei compiti e delle funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi, ed in alternativa ad essi, anche ad un soggetto idoneo a svolgere le funzioni di curatore fallimentare ovvero ad un notaio.
S’insinua così, in modo gratuito e senza motivazioni, che questi soggetti, che dal 1942 svolgono egregiamente la loro funzione, non sarebbero invece idonei a svolgere questo nuovo ruolo.
La scelta di questi soggetti invece, rimessa al Presidente del Tribunale, garantisce una specializzazione in materia concorsuale che esclude in ogni caso di incorrere in quella “grave menomazione” della normativa richiamata dalla corte.
Di poco pregio, e poco comprensibile, infine appare anche il richiamo all’art. 7.
La corte rileva che, siccome il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori l’accordo di ristrutturazione ivi previsto “con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’art. 15”, che abbiano “sede nel circondario del tribunale competente”, ossia degli organismi stabilmente costituiti secondo il richiamato art. 15, quest’articolo collocherebbe gli altri soggetti individuati dal comma 9 in posizione di risulta, nel senso appena indicato.”
E’ evidente che l’articolo 7 semplicemente rimanda all’articolo 15 e quindi a tutti i soggetti nominabili secondo tale articolo.
Da dove la corte deduca la “posizione di risulta” dei professionisti f.f. non è dato sapere.
In conclusione quindi l’ordinanza non appare minimamente condivisibile e ben fanno la quasi totalità dei Tribunali a continuare a nominare, su richiesta del sovraindebitato, il professionista facente funzioni ex art. 15..
Alessandro Torcini
Interessante questione e commento certamente condivisibile.
Il giudice ha voluto comunque dire la sua, visto che il ricorso è stato dichiarato inammissibile (quindi avrebbe potuto evitare di entrare nel merito).
Gli argomenti utilizzati sono effettivamente di scarso peso e anche poco comprensibili (che significa parlare di affidamento “sine die” a soggetti diversi dagli OCC se poi si ammette la possibilità di un affidamento alternativo? che significa, giuridicamente, “posizione di risulta” – che somiglia molto a “materiale di risulta”, cioè quello che va buttato via…?).
Un obiter dictum, quindi, degno di rilevanza, ma non (ancora) principio di diritto.