Antiriciclaggio e procedure concorsuali

Obblighi dei curatori (ma anche dei liquidatori giudiziali) in ordine alla disciplina dell’ antiriciclaggio regolata dal D.Lgs 21 novembre 2007, n.231, nel testo modificato dal D.Lgs 25 maggio 2017, emanato in attuazione della Direttiva (UE) 2015/849.

Dott. Paolo Salvadori

In questi ultimi mesi a molti curatori sono pervenute richieste di ottemperare agli obblighi di adeguata verifica, sotto pena del blocco dei conti della procedura, da parte della Banca tesoriere del fallimento.

Si tratta di richieste che non hanno fondamento giuridico e vanno pertanto respinte, risolvendosi, tra l’altro, in un indebito intralcio allo spedito svolgimento delle procedure concorsuali.

Come noto, fin dal 1992 sono state introdotte su base europea normative tese ad individuare, in una fase ancora prodromica, la natura dei fondi depositati presso banche per valutare se la loro provenienza sia o meno lecita.

Questa normativa scarica sui cittadini una serie di obblighi, storicamente affidati allo Stato, e che anzi costituiscono una delle ragioni del suo essere Stato; in ultima analisi, essa ha l’effetto di comprimere le libertà individuali a favore della sicurezza. Come vedremo, queste disposizioni si concretizzano in una serie di vincoli, spesso di incerta identificazione e perciò facilmente estensibili in via interpretativa, posti con il fine di segnalare i fondi sospetti alle autorità di vigilanza (UIF – Unità di informazione finanziaria).

La normativa, per i fini che ci riguardano, si compone essenzialmente di tre parti, che esamineremo in rapida successione per mostrare come essa escluda i curatori e le figure simili dagli obblighi della disciplina sull’antiriciclaggio.

  1. La nozione di riciclaggio.

Per riciclaggio si intende (art.2 D.Lgs 231/07) ogni attività tesa alla conversione, al trasferimento, all’occultamento, all’acquisto di beni, etc., essendo a conoscenza della loro provenienza illecita. Si tratta, in buona sostanza, della stessa fattispecie regolata ai fini penali, solo che ora il riciclaggio non viene in gioco come reato, ma come presupposto per imporre una serie di obblighi a carico di alcune entità, identificate dal decreto, e dei loro clienti. Si tratta di un numero molto elevato di soggetti che vanno dagli intermediari finanziari (banche, società di gestione del risparmio, SIM, società fiduciarie, etc.) ai professionisti (commercialisti, contabili, notai e avvocati) ad altri ancora, dettagliatamente indicati nell’art.3 del decreto;

  1. Obblighi di adeguata verifica e di conservazione dei documenti.

Al fine di prevenire il riciclaggio viene imposto l’obbligo (artt. da 17 a 30 del citato decreto) di identificare il cliente, di valutare lo scopo e la natura delle operazioni che compie e di controllare costantemente durante il rapporto la coerenza dei dati forniti rispetto allo scopo dichiarato.

Sono poi previsti obblighi di verifica rafforzata nei confronti dei clienti politicamente esposti e tra questi rientrano, non solo i politici di qualsiasi ordine e grado, ma anche tutti coloro che fanno parte degli organi di società controllate dallo Stato o da Enti pubblici.

I clienti sono obbligati a fornire (art.22) per iscritto tutte le informazioni necessarie ed aggiornate per consentire ai soggetti obbligati di adempiere agli obblighi di adeguata verifica.

I documenti raccolti sono poi conservati nei modi indicati dalla legge (artt. da 31 a 34 del citato decreto).

Quando si ritiene che gli obblighi previsti dalla legge non siano rispettati, il soggetto tenuto a garantirne l’osservanza, nel caso specifico la banca, può bloccare l’attività sui conti correnti.

È ciò che accadrebbe, secondo alcuni intermediari, anche per le procedure concorsuali quando non sia stata accertata l’identità del curatore o del liquidatore giudiziale o si debbano aggiornare i loro dati o si cada in una delle tante situazioni in cui si renda necessaria una rafforzata verifica. Si tratta di una serie numerosa di casi e tutti possono portare al blocco dell’operatività sui conti aperti a nome delle procedure concorsuali, ove ad esse si ritenesse applicabile la normativa antiriciclaggio.

  1. Obblighi di segnalazione.

Tutta la disciplina sull’antiriciclaggio ha come fine quello di segnalare alle autorità competenti (UIF) le operazioni sospette, intendendosi per tali quelle operazioni in cui l’intermediario (la banca, nel caso specifico) abbia “motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio………o comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa” (art.35 del decreto citato).

Conclusioni

Esposto quanto sopra, si evince subito come i curatori ed in genere gli ausiliari di giustizia siano radicalmente esclusi dalla normativa sull’antiriciclaggio. Del tutto conformemente si è pronunciata anche l’Unità di informazione finanziaria (UIF – allora UIC – risposta n.15 del 21.06.2006 – all.2 –), stabilendo che “l’attività svolta dal professionista a seguito di incarico da parte dell’Autorità giudiziaria, quale ad esempio quella di curatore fallimentare o di consulente tecnico d’ufficio, è esclusa dall’ambito di applicazione delle disposizioni antiriciclaggio. In questi casi il professionista agisce in qualità di ausiliario del Giudice e non si ravvisa nella fattispecie né la nozione di cliente né quella di prestazione professionale..”.

La conclusione è del tutto condivisibile come appare peraltro evidente dallo scopo della normativa sopra sommariamente esposta nei suoi tratti significativi.

Infatti:

  1. Le operazioni poste in essere dai curatori e da soggetti analoghi sono tese a vendere i beni caduti in una procedura concorsuale nell’interesse dei creditori, in ossequio a precise disposizioni normative e, quindi, non possono mai concretizzarsi in una operazione di riciclaggio che, come abbiamo visto al precedente paragrafo 1, è caratterizzata dalla volontà di convertire, trasferire, occultare, acquistare, beni, etc., essendo a conoscenza della loro provenienza illecita.
    Orbene, anche ammettendo che l’ausiliare di giustizia fosse a conoscenza della provenienza illecita dei beni, egli non compirebbe mai una operazione di riciclaggio, in quanto procede alla vendita dei beni non volontariamente, ma essendovi tenuto per legge a seguito di disposizione dell’Autorità giudiziaria.
  2. Inoltre, il curatore e gli altri ausiliari di giustizia non sono mai i titolari effettivi del rapporto, in quanto non sono né i clienti e neppure i loro esecutori, nei confronti dei quali si applicherebbe la normativa antiriciclaggio. Infatti, la legge, disattendendo sul punto un parere della Banca d’Italia che consigliava di inserire i curatori nella figura degli esecutori, lo ha testualmente escluso, art.1, decreto citato, lett. p) dove per esecutore si intende “il soggetto delegato ad operare in nome e per conto del cliente a cui siano comunque conferiti poteri di rappresentanza che gli consentano di operare in nome e per conto del cliente”.
    È evidente che né i curatori né gli altri ausiliari di giustizia hanno ricevuto il loro incarico dal cliente ma direttamente dall’Autorità giudiziaria e, quindi, dallo Stato che, se si vuole, è il titolare effettivo del rapporto, giacché è dietro ordine dei suoi organi che vengono appresi i beni per essere venduti nell’interesse dei creditori. Tanto più che dei fondi giacenti presso le banche può disporre solo il Giudice e, cioè, lo Stato, nei cui confronti sarebbe davvero paradossale applicare la normativa antiriciclaggio.
  3. Orbene, anche ammettendo che l’ausiliare di giustizia fosse a conoscenza della provenienza illecita dei beni, egli non compirebbe mai una operazione di riciclaggio, in quanto procede alla vendita dei beni non volontariamente, ma essendovi tenuto per legge a seguito di disposizione dell’Autorità giudiziaria.

Pertanto,  ed in conclusione, (i) poiché l’attività di realizzo dei beni caduti in una procedura concorsuale non è ontologicamente volta a realizzare una operazione di riciclaggio, ma all’adempimento di un obbligo di legge (quello della vendita dei beni) (ii) poiché un ausiliario di giustizia non può mai essere considerato titolare effettivo di quel rapporto, in quanto non è un cliente né un suo esecutore, (iii) poiché, infine, i fondi rivenienti dalla vendita su disposizione dell’autorità giudiziaria hanno per definizione una provenienza lecita, il curatore si deve legittimamente opporre alle eventuali richieste dei soggetti tenuti agli obblighi di adeguata verifica eccependo l’eccezione dell’assoluta estraneità dei curatori e degli altri ausiliari della giustizia dall’ambito di applicazione della normativa antiriciclaggio.

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